A soli 24 anni è una delle promesse della nuova canzone d’autore in dialetto (e non solo). E’ Francesca Incudine, recente vincitrice del Premio Bianca D’Aponte dedicato alla canzone d’autore al femminile e della prestigiosa Targa Tenco che le è stata assegnata per il miglior album in dialetto, Tarakè. Ospite di Paolo Prato, Francesca racconta la sua formazione musicale e letteraria, il suo amore per il dialetto siciliano (ma anche il sardo, a cui dedica un brano del disco) e le influenze che spaziano oltre i confini nazionali. Sul terreno scavato dal Battiato di Stranizza d’amuri e ancora prima dal Modugno dialettale, l’artista nativa di Enna inanella una serie di canzoni, ballate e ninne nanne di grande intensità emotiva grazie a sfumature di significato che solo un dialetto può svelare. Ma uno dei pezzi più coinvolgenti di quello che è il suo secondo album (dopo Jettavuci) è la storia di una tragedia del lavoro, consumata a New York a inizio Novecento, quando oltre cento operaie emigrate dall’Italia persero la vita in un rogo. No name, questo il titolo, restituisce dignità a nomi di donne che la storia ha dimenticato e in ciò la Incudine recupera l’antica tradizione dei cantastorie che proprio in Sicilia custodisce la propria memoria, da Nonò Salomone a Rosa Balistreri.