18 aprile 2021
In un libro molto piccolo, di appena 80 pagine, il filosofo sud coreano Han, che insegna in Germania, affronta uno dei temi fondamentali della filosofia e della teologia, l’esistenza del dolore e la complessità delle sue manifestazioni. Il punto di partenza della sua riflessione è l’atteggiamento in qualche modo negazionista che la società contemporanea manifesta nei confronti della sofferenza, della tendenza che manifesta ad espellerla dalle esperienze di vita, a non riconoscerle alcuna valenza, fino a volerla negare anche nella forma poetica e coinvolgente del dolore per amore. L’indice dei capitoli è ricco, il dolore si confronta con l’insensatezza, l’astuzia, la verità, la poetica, la dialettica, l’etica, fino a ricercarne l’ontologia, per concludere che “il dolore è un dono”. Il suo rifiuto, quando dovesse avere pieno successo e raggiungere dunque la cancellazione di ogni sofferenza e persino della morte, porterebbe all’assurdo di negare i caratteri fondanti dell’esperienza umana. Perché, conclude Han essa “potrà forse raggiungere l’immortalità, ma al prezzo della vita”.