Foto: missioni.org
Intervista di Chiara Placenti:
Il missionario 84enne Fra Aquilino Apassiti racconta ai microfoni di InBlu Radio del momento più terribile, la benedizione delle salme senza i parenti spesso in quarantena: “I famigliari che non possono più vedere e avvicinarsi ai loro cari per questioni sanitarie mi chiedono di pregare insieme tramite il telefono”
Roma, 18 marzo 2020. “I famigliari dei defunti mi chiamano, io metto il cellulare sulle salme dei loro cari e preghiamo insieme”. Così Fra Aquilino Apassiti, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei, ha spiegato come riesce a dare conforto ai parenti delle vittime in questo momento di emergenza sanitaria causato al coronavirus. Fra Aquilino Apassiti è un missionario 84 anni rientrato 5 anni fa a Dalmine dal Brasile, dà conforto a personale sanitario, pazienti e familiari, ovviamente nel rispetto delle misure di sicurezza. Sta nella cappella dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, si affaccia dove permesso sulla porta dei reparti. Racconta ai microfoni di InBlu Radio del momento più terribile, la benedizione delle salme senza i parenti spesso in quarantena.
“L’altro giorno una signora – ha proseguito Fra Aquilino – non potendo più salutare il marito defunto mi ha chiesto di fare questo gesto. Ho benedetto la salma del marito, fatto una preghiera e poi ci siamo messi entrambi a piangere per telefono. Si vive il dolore nel dolore. E’ un momento di grande prova”.
“In queste ultime settimane – ha aggiunto Fra Aquilino – ovviamente non posso più vedere di persona i malati soprattutto coloro che sono in dialisi ma rimango sulla porta della stanza. Lo faccio perché se i pazienti non mi vedono pensano che io sia stato contagiato. La maggior parte del tempo la passo nella cappella dell’ospedale a pregare. La sera spesso viene una dottoressa del reparto di cardiologia e prega per 45 minuti”.
“L’altro giorno una signora – ha proseguito Fra Aquilino – non potendo più salutare il marito defunto mi ha chiesto di fare questo gesto. Ho benedetto la salma del marito, fatto una preghiera e poi ci siamo messi entrambi a piangere per telefono. Si vive il dolore nel dolore. E’ un momento di grande prova”.
“In queste ultime settimane – ha aggiunto Fra Aquilino – ovviamente non posso più vedere di persona i malati soprattutto coloro che sono in dialisi ma rimango sulla porta della stanza. Lo faccio perché se i pazienti non mi vedono pensano che io sia stato contagiato. La maggior parte del tempo la passo nella cappella dell’ospedale a pregare. La sera spesso viene una dottoressa del reparto di cardiologia e prega per 45 minuti”.