14 giugno 2019 – La Libia non è un porto sicuro. Nella querelle che vede contrapposti in queste ore il comandante della Sea Watch, con 53 migranti a bordo, e il ministro dell’Interno Matteo Salvini che chiedeva l’incriminazione dell’equipaggio per aver rifiutato lo sbarco a Tripoli, interviene anche Bruxelles. Che sembra sposare la scelta della Ong. La Commissione infatti fa sapere che tutte le navi battenti bandiera europea sono obbligate a rispettare il diritto internazionale e il diritto sulla ricerca e salvataggio in mare che comporta la necessità di portare delle persone in un posto sicuro. La Commissione ha sempre detto che queste condizioni non si trovano in Libia. Di recente anche un tribunale italiano ha dichiarato che la Libia non è un Paese in cui si possono riportare i migranti. Secondo il tribunale, anche in relazione alle note acquisite agli atti da parte dell’Unhcr, la Libia non può ritenersi un Paese sicuro e l’accordo stipulato nel 2017 tra Italia e Libia è un memorandum «giuridicamente non vincolante e non avente natura legislativa» visto che non è stato nemmeno ratificato dal Parlamento e risulta in palese contrasto con la normativa internazionale, in particolare con la Convenzione di Amburgo che impone agli Stati di garantire, una volta terminate le operazioni di ricerca e salvataggio, che i naufraghi vengano condotti in un luogo sicuro. Le persone che arrivano in Libia partono da diversi Paesi dell’Africa subsahariana, alcuni di questi li racconta Rosario Sardella, giornalista, nel libro “Perché non se ne stanno a casa loro?” (edizioni Paoline). È il tema della puntata di Buona la prima, condotto da Federica Margaritora, in onda dal lunedì al venerdì alle 18.13. Il programma, che approfondisce le notizie del giorno, apre con i desk dei principali quotidiani nazionali e locali: oggi la prima pagina de Il Corriere della Sera con Carlo Baroni, caporedattore centrale, e la prima pagina de L’Unione Sarda con Fabio Manca, caporedattore.