Padre Thomas Georgeon a InBlu, la radio della Cei, su beatificazione martiri in Algeria: “Vorremmo celebrare beatificazione in Algeria. Nodo causa è sangue mescolato di cristiani e musulmani”.
intervista di Marino Galdiero
Roma, 27 gennaio 2018. “Non è un martirio contro ma con il popolo algerino perchè anche loro hanno sofferto tanto. Tante persone sono state uccise per la loro fede”. Lo ha detto padre Thomas Georgeon, in un’ intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei, il postulatore della causa di beatificazione del vescovo di Orano, mons. Pierre Claverie, e degli altri 18 religiosi e religiose rapiti e uccisi in ‘odio alla fede’ in Algeria tra il 1994 al 1996. Tra loro anche i monaci trappisti di Tibhirine. Papa Francesco ha autorizzato la pubblicazione del decreto che li riconosce martiri. Il sequestro fu rivendicato dal Gruppo Islamico Armato. Il vescovo di Orano, mons. Pierre-Lucien Claverie, vene ucciso insieme al suo autista mentre ritornava da una cerimonia proprio in ricordo dei sette monaci trappisti di Nostra Signora dell’Atlante.
“Ancora non sappiamo il giorno della beatificazione – ha sottolineato il postulatore – Il nostro desiderio è di poter celebrare la cerimonia in Algeria, ad Orano, dove mons. Claverie era vescovo e dove egli stesso è morto insieme ad un giovane musulmano. Tutto il nodo della causa è questo sangue mescolato tra cristiani e musulmani che dimostra che un legame di amicizia e fraternità è possibile. Per il momento è ancora presto per dire quando avverrà il rito, lo decideremo nelle prossime settimane insieme alla Santa Sede e all’autorità algerine che devono dare il proprio parere per la celebrazione in Algeria”.
“Nel mondo di oggi questi beati – ha aggiunto il postulatore – ci insegnano cosa significano la perseveranza e la fedeltà. E soprattutto nella prospettiva del dialogo interreligioso ci mostrano la via dell’umiltà. Il rischio di andare incontro a incomprensioni c’è sempre ma il Papa quando lo abbiamo incontrato insieme a due vescovi algerini ci ha detto che era consapevole che ci fossero ancora delle ferite. La Chiesa in una logica di perdono e misericordia desidera offrirla all’intera Algeria. La Chiesa vuole essere colei che aiuta a medicare le ferite rispettando le sofferenze e le cicatrici ancora numerose”.
“In Algeria negli anni 90 – ha ricordato il postulatore – c’è stata una guerra civile in cui alcuni gruppi estremisti avrebbero voluto imporre una sorta di califfato. C’è stato un movimento di resistenza che ha portato ad una guerra terribile in cui 200 mila persone hanno perso la vita affinchè fosse rispettata la loro fede. Il martirio prende posto in questa storia. Tutti i membri della Chiesa avevano la possibilità di tornare nei loro rispettivi Paesi ma questi martiri hanno scelto di condividere questa vicenda con il popolo. Ci dimostrano inoltre che è possbilie entrare in amicizia con l’altro che vive una fede diversa. Questi beati hanno mostrato il desiderio di cercare di capire ciò che l’Islam poteva dire loro”.