Richard Wagner voleva che non si applaudisse alla fine di ogni atto di Parsifal. Arrivò ad imporlo come divieto. Perché quella che definiva azione scenica sacrale era un rito, un momento di riflessione spirituale collettiva sulle grandi tematiche che attraversano la vita dell’uomo: l’amore e il sacrificio, il peccato e la redenzione. Un’usanza che c’è ancora oggi, limitata, però, alla fine del primo atto. Con Parsifal, andato in scena a Bayreuth il 26 luglio del 1882, Wagner torna al tema del Graal. L’opera di una vita perché il compositore l’ha pensata e ripensata lungo tutta la sua carriera arrivando a metterla sul pentagramma tra il 1877 e il 1882. Una riflessione spirituale sull’attesa del puro folle, colui che potrà salvare tutti diventando il nuovo re del Graal. Parsifal è il titolo che Pierachille Dolfini racconta questa settimana nella rubrica Un’opera in tre minuti