L’opera lirica a puntate. L’ha inventata Richard Wagner 170 anni fa. Perché a ben vedere L’anello del Nibelungo assomiglia tanto a una serie tv alla Trono di spade. Capace di catturare e avvincere con le sue storie mitiche. Quindici ore di musica divise in quattro capitoli che il compositore tedesco ha scritto tra il 1848 e il 1874. Una visione del mondo che è anche un proclama politico e sociale, dentro il quale i registi che oggi mettono in scena la Tetralogia provano a far specchiare la nostra società. Una musica per immagini, perché Wagner a ogni oggetto, a ogni personaggio, a ogni sentimento assegna un tema che, combinato con altri costituisce la trama sonora dell’intero ciclo. Si inizia con L’oro del Reno dove si racconta dal nano Alberich che ruba l’oro alle figlie del Reno perché la leggenda vuole che chiunque sarà capace di forgiare con esso un anello, dominerà il mondo. Alberich riesce nell’impresa, ma l’anello gli viene sottratto da Wotan, il padre degli dei. Il nano allora lancia la maledizione sul gioiello che darà origine a tutte le tragedie raccontate da Wagner nelle opere successive. L’oro del Reno è l’opera che Pierachille Dolfini racconta questa settimana nella rubrica Un’opera in tre minuti