Venere e Maria. L’amore carnale e quello spirituale. Si riassumono in pochissime parole le quasi quattro ore di musica del Tannhäuser di Richard Wagner. Un binomio che è sempre servito a semplificare la complessità dell’opera del compositore tedesco, andata in scena la prima volta, con lo stesso Wagner sul podio, nel 1845 alla Semperoper di Dresda. Una prima in famiglia perché la nipote del musicista, Johanna Wagner, vestiva i panni di Elisabeth. Che, in linea con la poetica wagneriana, è la donna che garantisce al protagonista la redenzione. Tema che si intreccia con quello dell’amore sacro e dell’amore profano al centro della gara dei cantori della Wartburg. Una vicenda in pieno Medioevo che vede Tannhäuser cantare l’amore profano, ma poi, pentito, andare a Roma a chiedere il perdono del Papa. Di fronte al rifiuto di questo, però, il cantore tornerà a rivolgersi all’amore carnale. Sarà salvato dal sacrificio dell’amata Elisabeth che offre alla Madonna la sua vita per la salvezza dell’uomo. Tannhäuser è l’opera che Pierachille Dolfini racconta questa settimana nella rubrica Un’opera in tre minuti