Roma, 14 febbraio 2017 – “Ha sofferto moltissimo. Un uomo di fede, coraggioso che ha sempre combattuto ma l’aggravarsi della malattia e la fatica di quest’ultimo tempo l’ha portato a chiedere di essere lasciato ‘partire’ verso la ‘Casa del Signore’. La sua volontà era di non staccare la spina ma di essere lasciato alla volontà di Dio. Voleva essere addormentato per poter lasciare spazio alla volontà del Signore”. Lo ha detto don Antonio Genovese, parroco del Duomo di Montebelluna (Treviso), in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche italiane. Don Genovese conosceva bene e ha seguito in ospedale Dino Bettamin, il malato di Sla morto in sedazione profonda.
“Non sono state staccate le macchine – ha sottolineato il parroco – le flebo erano in funzione e anche il respiratore è stato staccato solo dopo un’ora dalla morte. Ha fatto ricorso alle cure palliative come previsto dalla legge”.
“La sua malattia – ha aggiunto il parroco – era diventata sempre più difficile. Era sempre accompagnato dalla moglie, dai figli, dalle persone care. Ha sempre combattuto. Era un uomo fiero, sempre con il sorriso: non lo ho mai sentito lamentarsi. Un coraggio indomito legato alla fede e all’affetto dei suoi cari. Ricordo che tre domeniche fa mi era venuto a trovare in canonica con il suo solito sorriso”.
“Era attaccato profondamente alla vita – ha ricordato il parroco – ma contemporaneamente era consapevole di partecipare al mistero della Croce di Cristo. La sua malattia l’ha vissuta con sobrietà, questo descrive bene la grandezza di quest’uomo. Non è vero che voleva staccare la spina. Ha vissuto con coraggio questa malattia ma nell’ultimo periodo era arrivata un po’ di stanchezza. Mi viene in mente Giovanni Paolo II quando disse ‘lasciatemi andare’. Con la famiglia c’è stato sempre un grande dialogo. E’ stato difficile ma la famiglia ha vissuto tutto con grande serenità. I familiari non si sono mai pianti addosso”.
“Dino poco prima di essere addormentato – ha concluso il parroco – ha ricevuto i sacramenti: abbiamo pregato, recitato l’Ave Maria. Ho dato l’assoluzione generale e l’unzione degli infermi. Conoscevo Dino da giovane. Era sempre bello incontrarlo, c’era una bella amicizia. Era una persona che ha saputo affrontare la vita e la malattia con grande serenità. Era una malattia degenerativa davvero dura da essere gestita ma la sua scelta è stata di una serenità disarmante”.
intervista di Marino Galdiero