Oggi un altro naufragio sulle coste della Libia, con almeno 239 dispersi. Un dramma che si aggiunge alle troppe traversate finite tragicamente. A loro è dedicato “I diritti annegati”, il volume, presentato oggi alla Camera, nato dall’esperienza e dalla collaborazione tra medici legali e giuristi, che hanno sperimentato difficoltà e vuoti normativi che gravitano intorno al mondo dei cadaveri senza identità, dei minori non accompagnati e dei richiedenti asilo. Nel 2015, più di 130.000 migranti hanno tentato di attraversare il Mediterraneo per arrivare sulle coste italiane. Quasi tremila di loro sono morti o scomparsi durante il viaggio: cadaveri che rimangono spesso sommersi, e, anche se recuperati, restano senza identità. Infatti, negli ultimi 15 anni oltre 30.000 migranti sono morti nelle acque del Mediterraneo: più del 60% giace sepolto senza un’identità. Come dare un nome a questi morti? Esiste un dovere giuridico che impone il recupero e l’identificazione di questi corpi? Quali sono le ripercussioni della mancata identificazione sulle famiglie? Abbiamo intervistato le due autrici del libro, Cristina Cattaneo, anatomopatologa forense e Marilisa D’Amico, costituzionalista.
Federica Margaritora