Roma, 28 luglio 2015 – Per la liberazione dei due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone “sono ragionevolmente ottimista, mi sembra che ci siano le condizioni politiche per andare avanti. Se tutto questo viene negoziato con attenzione e soprattutto tenendosi lontano dai riflettori potremmo chiudere finalmente questa vicenda”. Lo ha detto Antonio Armellini, collaboratore di Aldo Moro alla Farnesina e a Palazzo Chigi, ambasciatore in Algeria, in India, all’Ocse a Parigi, capo della missione italiana in Iraq nel 2003-2004, ai microfoni di inBlu Radio, network delle radio cattoliche italiane.
“Sicuramente – ha proseguito Armellini – all’inizio sono stati commessi degli errori, probabilmente conseguenza del fatto che non ci si è resi conto come funzionasse e con quale Paese avevamo a che fare. La vicenda è stata affrontata all’inizio con un doppio atteggiamento: da un lato con un po’ di supponenza nei confronti di un Paese del Terzo mondo e dall’altro con il timore di offendere una grande potenza emergente con un grosso esercito. Tra queste due ragioni contrapposte, siamo caduti in più di una trappola. Ma questo riguarda il passato, ora bisogna capire come venirne fuori”.
Armellini commenta positivamente il ricorso dell’Italia all’arbitrato internazionale: “Credo che gli ultimi sviluppi siano positivi. Se l’arbitrato fosse stato richiesto all’inizio sarebbe stato meglio, avrebbe dato un segnale di forza da parte nostra invece di versare indennizzi che hanno complicato le cose e fatto capire agli indiani che l’Italia stava ammettendo una colpa. Adesso mi sembra di capire che quello che sta succedendo è anche in funzione di un’evoluzione del quadro politico complessivo dei nostri rapporti con l’India”.